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Cos’è la trombosi venosa profonda?

La trombosi venosa profonda, indicata anche come TVP, è una patologia dovuta alla formazione di un trombo (ovvero un coagulo di sangue) che ostruisce parzialmente o del tutto una o più vene del sistema profondo, rallentando o bloccando la circolazione ematica.

Si tratta di una patologia che colpisce più frequentemente gli arti inferiori e la pelvi, ma può presentarsi anche negli arti superiori e interessare altre zone del corpo.

Questo processo patologico è piuttosto frequente e interessa soprattutto le donne, a causa delle alterazioni dovute alla gravidanza, all’uso di anticoncezionali orali (ed anche, anche se con un lieve incremento del rischio, con la somministrazione di ormoni in menopausa, in soggetti predisposti), al sovrappeso, all’immobilizzazione prolungata in caso di allettamento e data la maggiore longevità delle donne rispetto all’uomo.

La trombosi venosa profonda ha un’incidenza di oltre ottocentomila casi all’anno (la stima è di circa 1,6-1,8 casi per mille), da ricercarsi soprattutto nella sua associazione a malattie tumorali, alla sua familiarità (alcune alterazioni congenite della coagulazione possono infatti essere trasmesse in modo ereditario), a seguito di interventi di chirurgia ortopedica (ad esempio a seguito di chirurgia all’anca quando il soggetto, dopo l’intervento, non segue un’adeguata profilassi, ad esempio effettuando una deambulazione precoce), all’uso di pillole anticoncezionali (rischio oggi attenuato da dosaggi minori di estroprogestinici) e all’abitudine al fumo, ma anche ad abitudini sedentarie che coinvolgono sempre più persone, specialmente gli anziani (la trombosi venosa profonda è più rara sotto i quarant’anni, mentre la sua frequenza aumenta progressivamente dopo quest’età).

Una vita sedentaria, con una prolungata immobilizzazione o posizione seduta (compresi lunghi percorsi in auto o aereo – la cosiddetta “trombosi del viaggiatore” – ma anche lunga permanenza davanti al televisore in soggetti predisposti, soprattutto in età avanzata) può infatti portare a stasi venosa e predisporre alla trombosi.
Anche il livello dei trigliceridi nel sangue può facilitarne l’insorgenza.

Flebite

Nel caso di trombosi venosa profonda i sintomi caratteristici sono il gonfiore (il coagulo occlude la vena ostacolando la normale circolazione venosa, con conseguente aumento della pressione nella zona interessata), l’aumento della temperatura (la pelle risulta più calda al tatto), cute cianotica, vene superficiali più evidenti, muscoli induriti e dolore più o meno accentuato.

Spesso la trombosi venosa profonda è asintomatica e viene diagnosticata soltanto a seguito di embolia polmonare (distacco del trombo dalla sede di formazione con conseguente ostruzione parziale o completa di uno o più rami dell’arteria che porta sangue ai polmoni) o altre conseguenze.

Comunemente la diagnosi viene confermata con la visualizzazione mediante esami di imaging biomedico, ovvero con l’ecografia e in particolare con ecocolordoppler.
Altre possibilità diagnostiche sono rappresentate dalla tomografia computerizzata e dalla risonanza magnetica.

Una volta confermata la diagnosi è possibile intervenire per riattivare il normale flusso venoso, correggere i difetti di coagulazione prima che si possano causare complicanze quali l’embolia polmonare (che rappresenta la causa di morte principale correlata alla trombosi venosa profonda) o complicanze post-flebitiche e ridurre il rischio di ricomparsa della trombosi venosa profonda. Il trattamento potrà essere eseguito mediante metodi farmacologici anticoagulanti o metodi fisici (calze elastiche a compressione graduata o con compressione pneumatica intermittente) oppure con una combinazione di entrambi.

Nei casi in cui è necessario prevenire un’embolia polmonare è inoltre possibile intervenire con l’inserimento di un filtro alla vena cava (filtro cavale).

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